Swami Veetamohananda

"Comment pratiquer la Présence

de Dieu dans la Vie de tous les jours"

(Come praticare la presenza di Dio nella vita di tutti i giorni)

Traduzione di Luciana Scalabrini

 

 Una delle discipline spirituali più facili e più efficaci è quella di condurre la presenza di Dio nel cuore di ogni attività della nostra vita di tutti i giorni... E’ la regola che si addice di più a una vita santa. Sappiamo tutti come Frate Lorenzo della Resurrezione, che era una persona molto modesta, sia diventato un’ anima illuminata, un santo, attraverso la pratica della presenza di Dio.

L’impegno principale di questa disciplina è coltivare l’abitudine di riempire la propria anima con una presenza divina permanente e senza cessare di crescere. Come si può fare questo ? Ascoltiamo Frate Lorenzo « Se vogliamo entrare, in contatto con Dio in un modo umile, familiare e innamorato, dobbiamo coltivare la Sua Presenza ».

E’una specie di Bakty Yoga.         

Non importa quale sia il Dio personale, quale sia la concezione del fedele, non importa in quale parte del mondo, ma si può praticare con grande profitto. La sua caratteristica principale è la sua semplicità e la sua assoluta facilità. Ecco fratello Lorenzo: « Gli uomini inventano mezzi e metodi per arrivare ad amare Dio. Imparano regole e formule per ricordarsi questo amore e si complicano la vita per introdursi nella coscienza della presenza di Dio. Eppure può essere così semplice… Non occorre né arte né scienza. Andiamo verso di Lui come siamo, senza pretendere, con sincerità ».

   La vita di Frate Lorenzo ci dà una grande speranza e una grande ispirazione spirituale. E’ l’esempio evidente d’un principiante che, senza doni particolari, può elevarsi dalla posizione più umile alla più alta illuminazione spirituale

Ricevette la rivelazione di Dio ad appena 18 anni. Gli è capitato proprio per caso, vedendo qualcosa di molto consueto. Un giorno, in pieno inverno, vide in un prato un albero senza foglie. Appena guardò il tronco e i rami nei quali la vita si era addormentata, fece « l’esperienza della visione dell’albero come fosse d’estate, cioè ricoperto di migliaia di foglie e di fiori e poi di frutti ». Con questa visione sentì il senso della potenza divina e della sua generosità, cosa che non l’ha mai più lasciato.

Anni più tardi disse che quell’albero nudo gli aveva improvvisamente rivelato, in un lampo l’esistenza di Dio. E gli ha acceso nel cuore un amore cosi’ grande e totale che non ebbe più bisogno di crescere in tutta la sua vita. Quando fu cosi’ convinto « dell’esistenza di Dio, della sua saggezza, del suo potere e della sua bontà » non ebbe altra preoccupazione che rifiutare rigorosamente ogni altro pensiero perché ogni azione fosse fatta per amore di Dio.

Sappiamo che ebbe delle difficoltà per imparare a rifiutare dubbi e desideri. Ma, malgrado dubbi ed esitazioni, prove e tribolazioni, si è attenuto a quella sola idea che esprimeva così: « Sono entrato nella vita spirituale solo per amore di Dio e provo ad agire in accordo alla sua volontà; qualsiasi cosa capiti, che sia perduto o salvato, continuerò sulla strada del suo amore e della sua volontà. Questo, almeno, potrà essere messo a mio credito: fino alla morte tutti i miei sforzi saranno volti a servire ed amare Dio. »

Questa disciplina spirituale praticata da frate Lorenzo, ci insegna  a fissare la nostra mente su Dio  e a fare tutto il nostro lavoro per Lui con amore e devozione. Questo richiede di fissare la nostra mente nella presenza benedetta del Signore e di ricondurla all’ordine quando s’allontana da Lui; sicuramente è un esercizio faticoso, ma dobbiamo persistere a dispetto di tutte le difficoltà.

Dobbiamo anche portare direttamente a Dio ogni nostra negligenza e non avere a che fare se non con Lui. Spesso abbiamo l’impressione che la vita sia solo una lotta. Ma quando la pace comincerà a nascere, essa s'installerà profondamente. La pace interiore che abbonda in ogni cosa ci fa avanzare verso Dio, semplicemente, umilmente, nella fede e nell’amore. Era proprio il caso di frate Lorenzo. Poteva sentire la presenza di Dio dappertutto, in cucina, in mezzo a tazze e casseruole, come nel silenzio della cappella.

Uno dei passaggi più memorabili ci mostra il livello di eccellenza spirituale a cui poteva aspirare facendo il lavoro che gli era stato assegnato in cucina. Ha detto : « Per me non c’è differenza tra il tempo del lavoro e quello della preghiera, tra il rumore e la confusione della cucina, tra gli ordini di ogni sorta gridati da molte persone; resto in Dio con una serenità tanto grande, come se fossi in ginocchio davanti al Santo Sacramento... Per il suo servizio mescolo la pasta del dolce nel recipiente davanti a me. Quando questo servizio è finito m’inginocchio sottomesso davanti a Lui, perché ho potuto fare questo grazie a Lui. Poi mi alzo più felice di un re.

"Raccogliere un filo di paglia per suo amore, mi riempie".

Ecco davvero un potere spirituale superiore che si manifesta con l’impressione spontanea di un movimento costante e incredibile verso Dio.

I metodi che frate Lorenzo usava per le sue pratiche devozionali erano cosi’ personali e originali che ci si lamentò contro di lui presso i suoi superiori. Le accuse vertevano sulla sua mancanza d’ardore nelle preghiere, sulla sua indipendenza e le sue bizzarrie. Fu aperta un’inchiesta. Frate Lorenzo spiegò come compiva i suoi doveri religiosi o il suo lavoro di cucina senza perdere la comunicazione con Lui e come vivesse continuamente nella Sua presenza. Più di questa spiegazione fu la sua stessa espressione, che rifletteva una dolcezza e una calma interiore, a convincere.

Ecco una lettera piena di consolazione e d’ispirazione che ha scritto, quando era ammalata, alla madre superiora di un convento: « Elevate il vostro cuore verso Lui, accetterà il più piccolo dei vostri pensieri migliori su di Lui. Non avete bisogno di gridare. Lui è più vicino a noi di come immaginiamo…Felici quelli che soffrono con Lui… Le persone credono che la malattia non sia che sorgente di sofferenza, di dolore e di dispiacere, non pensano mai che sia un dono di Dio. Quelli che possono considerarlo come una parte della sua grazia, che viene da Lui e comprendere che significa la loro salvezza, troveranno in essa dolcezza e salvezza. »

Verso la fine della vita, sembra che abbia avuto una visione luminosa: « Tra un momento, andrò da Lui; che conforto ho nella fede! La mia visione è cosi’ chiara che non posso dire « credo, ma vedo ».

Pochi giorni prima di morire, disse : « Non so cosa Dio farà di me, ma sono sempre felice. Il mondo intero conosce la sofferenza e io, che non ho nessun merito, sono pieno di una tale gioia che posso a  stento contenerla ».

E dolcemente e senza dolore fece il grande passo verso una nuova fase di avvicinamento a Dio.

Dall’esperienza di frate Lorenzo della Resurrezione, impariamo questo: non esiste al mondo un modo di vivere più bello e gratificante di quello di praticare la presenza di Dio in ogni momento e luogo. Per avviarsi correttamente a questa disciplina, bisogna vuotare il cuore di ciò che contiene e permettere a Dio solo di possederlo. E perché Lui lo possieda totalmente, dobbiamo accettare di lasciarlo libero di fare come Gli piace e permettergli di usarlo come vuole.

Dobbiamo rinunciare a ciò che ci piace che non ci condurrebbe a Dio.

Poi non dobbiamo che riconoscere la Sua presenza in noi, parlargli senza posa delle nostre intenzioni, implorare la sua assistenza per sapere come meglio adempiere ai nostri doveri. Offriamogli ogni azione prima di cominciarla e ringraziamolo per il Suo aiuto quando abbiamo finito.

Frate Lorenzo pensava che il modo migliore di andare verso Dio era di fare il suo lavoro, non per piacere agli uomini, ma solo per piacere a Dio.

Insegnava anche che separare il tempo della preghiera dagli altri momenti della vita è un errore. L’azione per Dio ha la sua importanza, come la preghiera ha la sua.

Infine, ed è ciò che conta di più, bisogna avere una fiducia illimitata in Dio, abbandonarci completamente tra le sue mani ed essere convinti che non ci verrà mai meno.

Ecco, riassumendo, quello che frate Lorenzo considerava come fatti importanti della vita spirituale

E per quelli che desideravano praticare la presenza di Dio, suggeriva quattro discipline principali.

La prima è una grande purezza di vita. Bisogna essere attenti a non dire o fare o pensare cose che dispiacciano a Dio. Se capita, immediatamente pentirsi sinceramente e umilmente chiedere perdono.

La seconda è la fedeltà nella pratica della Sua presenza. Bisogna tenere gli occhi dell’anima sempre fissi su Dio, con calma, fede e umiltà, con un amore che non lascia posto al dubbio o all’inquietudine.

La terza consiste nel pensare a Dio in ogni lavoro, anche ordinario. Una preghiera deve essere offerta all’inizio, poi bisogna ricordarsi di Lui durante tutto lo svolgimento del lavoro e, quando è terminato, indirizzargli un ringraziamento.

Infine la quarta, che è una tappa esoterica personale, è fare in silenzio l’offerta di parole d’amore. In un modo segreto, perché questa conversazione tra il fedele e Dio non ha bisogno di essere conosciuta da nessuno, parole come « Signore, ti appartengo interamente », o « mio Dio, fa che il mio cuore sia tutto tuo », o altre parole, secondo le occasioni. Bisogna fare attenzione che la mente non vada sugli oggetti del mondo, ma resti fissa su Dio.

Se si pratica questa disciplina con costanza, si produrranno meravigliosi effetti sull’anima e ci sarà una profusione di grazia divina. L’anima diverrà illuminata e abitata dalla visione permanente del Dio amante e amato

Ecco la più santa, la più reale e la più ispiratrice di tutte le maniere di praticare la devozione.

La pratica della presenza di Dio è stata da tempi antichissimi un metodo spirituale caldeggiato dalla tradizione indiana.

Ai tempi delle Upanishad la cultura della presenza delle divinità ha toccato il suo apogeo quando la realtà superiore, l’identità dell’anima con lo Sirito Superiore è stata scoperta. Solo quelli che trascendono la coscienza del corpo sono capaci di praticare un tale approccio alla Realtà.; per la gran maggioranza dei ricercatori spirituali, che non possono trascendere la coscienza del corpo, l’apertura alla via spirituale resta un approccio personale a un Dio personale.

Nella Bhagavad Gita l’accento è messo sulla necessità d’un approccio personale a Dio. Sono raccomandati cinque metodi generali :

1 Come concepire Dio? Nel cap.9,v.8,ci dice che deve essere considerato come la finalità, il supporto, il rifugio, l’amico, l’origine, la dissoluzione, il fondamento, la casa dai tesori imperituri.

Riassumendo, Dio dovrebbe essere considerato come il centro da cui dipende la nostra esistenza e a cui l’esistenza è legata.

2 La devozione faccia a faccia e il culto solitario sono prescritti.

3 La consacrazione della vita cioè tutto ciò che è fatto in offerta al Signore. « Tutto ciò che fate, che mangiate, che offrite in sacrificio, che date e che fate sotto forma di disciplina, fatelo come un’offerta al Signore ».

4 Prendete rifugio nel Signore in ogni circostanza (c11,v33). Diventate uno strumento nelle mani del Signore(c18 v62).

5 Abbandonate tutte le formalità della religione e tuffatevi nel Signore con un atto volontario d’abbandono personale. Non rimpiangete nulla, non respingete nulla. Il Signore, è sicuro, vi salverà e vi darà il suo aiuto.(c18,v66)

La pratica della presenza di Dio dovrebbe  essere l’idea dominante di tutti gli esercizi devozionali e di tutto ciò che facciamo, ma c’è più di un modo di avvicinarsi a Dio.

Nella via della devozione la cosa più importante è stabilire la nostra relazione con Dio. E’ la relazione più intima, più sacra che l’uomo possa mai avere, ma deve essere necessariamente di una sola forma. Può essere quella della relazione dei genitori coi figli o del figlio col genitore, d’un amico con un amico, d’un servo col padrone, può essere l’atteggiamento sereno d’un saggio per il Signore o quella d’una innamorata verso l’amante.

La forma di relazione scelta è il canale con il quale l’amore è portato a versarsi su Dio e deve essere conservata. Quando il fedele si è stabilito nella forma di relazione che ha scelto per Dio, diventa per lui più facile coltivare la presenza di Dio.

Sri Ramakrishna ha coltivato le 5 attitudini e, con ciascuna, si è ritrovato nella coscienza di Dio e solo di Dio. Ma ,per mantenere una comunione costante con il Divino, la sua preferenza era quella del figlio verso sua madre. Coltivava la presenza di Dio ignorando tutto fuori di sua Madre. All’inizio, nella realtà della sua vita spirituale, non aveva che quello, il sentimento onnipresente e onnipotente di essere il figlio della Madre. Piangeva e piangeva, e insisteva per ottenere la sua visione, tanto che la Madre Divina stessa trovava difficile resistergli. I suoi occhi erano fissi nell’attesa della visione. Non ha dormito per sei lunghi anni. Quando la presenza viva della Madre è infine divenuta permanente in lui, dipendeva da lei per ogni più piccolo dettaglio. Quando aveva dei dubbi le domandava consiglio. E’ diventato come un bambino. Se qualcuno gli procurava dolore, portava la sua ferita alla Madre ed era subito consolato.

Per lui la madre divina Kali era cosi’ reale che le parlava sempre, le domandava il suo parere, ascoltava i suoi consigli, come lo facciamo a casa con i genitori.

Infatti, a un livello più avanzato della via spirituale, la presenza di Dio non è più la pratica d’una idea adottata, è la scoperta del fatto basilare dell’esistenza. Come Frate Lorenzo diceva qualche giorno prima di morire : « Ora, non credo più, io vedo ».Quando si arriva a questo stadio, non si trova più una sola azione che non sia un’adorazione di Dio,che non sia « le cose del Padre », per citare Gesù bambino. Quando voi  profondamente sentite che siete abbandonati da Dio, e il vostro cuore è abitato dalla desolazione e dall’aridità, quando la devozione vi sfugge e vedete che le tentazioni vi assalgono, e che Dio non è in nessun posto e vi sentite morire, ebbene proprio in questo momento Dio è li’ presente sotto forma di sofferenza. Cosi’, portate quella sofferenza del vostro cuore fino all’altare e, se lo desiderate, piangete fino a non avere più lacrime. Forse allora scoprirete che Dio non si è allontanato da voi che della distanza alla quale avete scelto di allontanarvi. E perché l’avete allontanato? Non ha dichiarato molte volte che era nel cuore del nostro cuore ? Cosa abbiamo veramente fatto per scoprirlo? Abbiamo davvero rifiutato tutte le impurità sotto le quali era sepolta la sua voce gemente? Allora, come osiamo lamentarci? E tuttavia, se lo vogliamo, si, lamentiamoci! Ma direttamente con Lui; direttamente alle sue orecchie. Cosi’ avremo coltivato la sua presenza anche durante la sua supposta assenza. La sensazione d’agonia della separazione da Dio è cosi’ una forma d’unione con Lui. Perché, in verità, Lui è dappertutto e tutto ciò che esiste è Lui.

Comprendiamo come scorre la vita . Essa vola. Quanto tempo ci è lasciato? Non lo sappiamo. E la vita ci sfida ogni momento. Ma la più grande sfida della vita, è Dio. E noi dobbiamo superare questa sfida con un’altra, che è quella d’includere Dio in ciascuno dei nostri atti quotidiani e di compiere ciascuno d’essi per il Suo amore. Si può fare, molti l’hanno fatto. Non dubitatene!

Diamo a Dio la sensazione che abbiamo coscienza di Lui. Piangiamo vere lacrime per lui. Pratichiamo la sua presenza. Compiamo tutto in sua presenza. E’la sua assenza che è il peggiore dei mali. Credetemi, se moriamo in presenza di Dio, la nostra salvezza è assicurata.

Non è facile imitare Quelli di cui ho evocato il santo nome. Le nostre limitazioni sono tante e le nostre posizioni diverse. Ma è bene ricordarsi che non esistono situazioni dove non c’è Dio .E’ perché è possibile praticare la presenza di Dio:non esiste nessun luogo dove Dio non sia. Alcuni possono averlo dimenticato per un momento..

Ecco qualche consiglio che ciascuno può, deve o dovrebbe seguire per praticare la presenza di Dio. Questa pratica ci riempirà lentamente ma sicuramente di forza, di conforto, di gioia e d’ispirazione :

1 Sentiamo il miracolo dell’esistenza di Dio

2 Se Dio esiste e se noi esistiamo, deve esserci una relazione tra i due. Scopriamo questa relazione e coltiviamola nel modo che ci piace di più.

3 Pensare a Dio è un modo per sviluppare questa relazione. I Vedantici credono a un approccio gioioso con Dio e non ai sospiri e ai pianti. Beninteso, può succedere di piangere ogni tanto. Quando ci vengono le lacrime agli occhi, nemmeno un eroe le può fermare. Allora piangiamo, senza vergogna davanti a Lui. Ma Dio, che ha creato i fiori splendidi, che ha colorato le piume degli uccelli con colori stupendi, non desidera certo essere avvicinato in modo cosi’ oscuro. E’ possibile divertirsi con Dio, benchè certe persone religiose sembrano svenire a questa idea. Grandi mistici hanno giocato e scherzato con Dio.

4 Incrementiamo il nostro incontro con Dio, rendiamolo piacevole. La vita spirituale non deve diventare monotona , noiosa e troppo costrittiva. Per questo dobbiamo pensare a Dio in tutti i modi possibili, con tutte le diversità che possiamo immaginare.

Ascoltiamo cosa dice Ramakrishna :

« Sentite come è melodiosa questa musica ? Uno dei suonatori non produce che un suono monocorde sul suo flauto finchè un altro non crea onde di melodia nei differenti toni e semitoni. E’ quest’ultimo modo che ho scelto. Perché dovrei produrre un suono monocorde, quando ho uno strumento con sette fori ? Voglio suonare ogni sorta di melodia sul mio strumento a sette fori. ». Io sono Lui! ». Perché dire solo « Brhama Brahma? » Voglio chiamare Dio come voglio, Shanta, dasya, sakhya, vatsalya omadhura! Voglio rallegrarmi con Dio! »

In un antico libro sacro dell’India, il Bhagavatam, sono descritti i diversi modi tradizionali di ricordare. Dio:» Sravanam, kirtanam, vinoh, smaranam, padasevanam, archanam,vandanam, vasyam, skyhiam, atmanivedanam». Ascoltare la gloria del Signore,cantare il suo nome, ricordarlo, onorarlo, adorarlo, comunicare con Lui, abbandonarsi a Lui, ecco i diversi modi di ricordare Dio e di praticare la Sua presenza ».

A questi metodi tradizionali, Sri Ramakrishna ha aggiunto per l’uomo moderno cosciente della vita sociale, il grande culto di Jiva-Siva. Per lui, il servizio dei bisognosi è il più grande di tutti i culti. E’ quello dell’uomo considerato come Dio. Swami Vivekananda ha interpretato questo passaggio come il vangelo rivoluzionario del servizio degli altri.

Per praticare la presenza di Dio, dobbiamo esercitare le nostre tre facoltà: l’immaginazione, l’emozione e l’azione.

- « L’immaginazione di oggi diverrà la realizzazione di domani », dice SwamiTuriyananda, uno dei discepoli di Ramakrishna. Cosi’, per cominciare, immaginiamo costantemente che Dio è qui, ora, anche se non possiamo vederlo.

- Riteniamo sicuro che è tutto amore ed è per questo che tutto l’amore è l’amore di Dio. Privare Dio di un poco d’amore, ci causerà solo dolore e sofferenza. Per questo la nostra facoltà d’emozione dovrebbe elevarsi sempre più verso di Lui.

-         Tutti agiscono. L’azione è la respirazione stessa della nostra vita. Che ogni azione sia fatta per amor suo e non respireremo né vivremo che per Lui. Non temete di vivere per Dio! Un fucile ha paura delle palle che sono tirate attraverso di lui? Non siamo che strumenti. Perché diventare altro e perdere la gloria d’essere usati da Dio ?

-         Infine, non andiamo da nessuna parte da soli .Le persone vanno al parco col loro cane e gli parlano continuamente e sapete anche con quale affetto. E’ possibile andare al parco con Dio e parlargli. Allo stesso modo parliamo con noi stessi. A volte questa abitudine diventa perfino patologica e le persone sono rinchiuse in ospedali. Ma se pensiamo che Dio è sempre con noi, nel nostro cuore e se gli offriamo il nostro cuore, troveremo la consolazione e la pace. Frate Lorenzo diceva :

-         « Quando sentite un turbamento interiore, chiamate il Signore che è addormentato in voi. Lui si risveglierà e torneranno in voi onde di pace ».

-         Quando dubitiamo o soffriamo, o siamo confusi, chiudiamo la porta, andiamo nel più profondo del cuore e mettiamo il nostro problema davanti al Signore per chiedergli consiglio. Non parlate mai di un problema con nessuno prima di esservi confidati col Signore nel vostro cuore. Sarete sorpresi di dover parlare di un numero esiguo, dopo Sri Ramakrishna diceva. :

-         Se portate la Madre Divina nel cuore, sarete incapaci di fare una cattiva azione, anche se vi trovate in un posto cattivo. »

-         C’è un’infinità di modi di coltivare una comunione interiore con Dio e di svilupparlo. Un saggio si rivolge cosi: « Quando si pensa a voi in un momento difficile, cancellate la paura. Quando quelli che sono senza problemi si ricordano di voi, accordate loro i vostri favori ». Ora conoscete il più prezioso dei segreti per praticare la presenza di Dio. Quando siete in difficoltà e la tempesta soffia su di voi, gridate verso di Lui. Vi risponderà, non c’è alcun dubbio, vi aiuterà. Ma un lavoro spirituale creativo si realizza quando non abbiamo particolari problemi, pensiamo a Lui, lo chiamiamo e lo supplichiamo con fervore. Questo ci dà una forma di mente che spontaneamente si dirige verso la Realtà. Con questa forma di mente, noi non crederemo più, noi vedremo, come diceva Frate Lorenzo della Resurrezione.